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Lo scrittore Tullio Avoledo: La cultura è un investimento a lungo termine, a volte a fondo perso

09 Novembre 2019

Quella che Gibelli chiama cultura, è tutta un’altra cosa

Di rientro da Pechino, dov’era stato invitato come relatore al convegno internazionale degli autori di fantascienza chiamati a immaginare il futuro che verrà, lo scrittore friulano Tullio Avoledo, già candidato del Patto per l’Autonomia alle elezioni politiche nazionali, per il Senato, e alle Regionali del Friuli-Venezia Giulia del 2018, ha scritto alcune considerazioni sull’intervista rilasciata al “Messaggero Veneto” dall’assessora regionale alla Cultura, Tiziana Gibelli.«Sto facendo uno scalo lungo a Mosca, e un amico mi ha mandato via mail l’intervista del “Messaggero Veneto” all’assessore Gibelli. Diciamo subito che vorrei avere le sue certezze, esposte con la sicurezza di chi non ha dubbi. Anzi, no. Non le voglio, quelle certezze. Non le voglio affatto, perché preferisco farmi le mie idee mettendole in discussione con gli altri, e non elencandole come un decalogo. In questi giorni mi torna spesso in mente una frase attribuita a Miguel de Unamuno: “Il fascismo si cura leggendo, il razzismo viaggiando”. Vorrei aggiungere che “le idee si fanno confrontandosi con altre idee, magari diverse dalle nostre, dialogando con gli altri”.Già ho digerito male il fatto che quest’anno nella nostra regione molte associazioni ed eventi abbiano dovuto votarsi coralmente a San Leonardo da Vinci per avere contributi per iniziative culturali. Ironicamente ho anche detto che Leonardo, in uno dei suoi codici, citava ed elogiava il frico, la cui forma circolare gli avrebbe ispirato il famoso disegno dell’Uomo Vitruviano. C’è stato chi se l’è anche bevuta. Magari, ho pensato, se presento un bel format sull’argomento ci scappa anche il contributo...Scherzi a parte, c’è poco da ridere. Sta prendendo piede dalle nostre parti questa idea malsana che la cultura serva a far dané. Può darsi. Io la chiamo “filosofia lombarda” o “culto del fatturato”. Peccato che stia tornando da una settimana in Cina, invitato e ospitato dal governo cinese per parlare di letteratura e futuro. Assieme a me c’erano decine di ospiti illustri, tra cui i massimi scrittori di fantascienza, un premio Nobel per la Fisica (Andrej Gejm) e un altro grande fisico e divulgatore, Leonard Mlodinow (almeno questo, per via del nome, dovrebbe essere noto all’assessora...).Perché il governo cinese ha fatto venire gente da tutto il mondo per un evento culturale dedicato in gran parte a un genere come la fantascienza, della quale sono certo che la signora Gibelli non ha una grande opinione, ammesso che ne abbia una? Non per fare pagare il biglietto al pubblico. E ovviamente, trattandosi della Cina, non c’erano sponsor privati. No: il governo cinese si è fatto l’idea balzana che la cultura non sia inutile, e che non sia nemmeno un concetto astratto, iperuranio. Molto semplicemente in Cina si pensa che la cultura comunque faccia bene e produca sviluppo e progresso. Hanno capito, e l’hanno anche detto, che per passare da un’economia manifatturiera a una innovativa e propositiva, alla leadership scientifica e tecnologica alla quale puntano, devono investire in cultura, nella crescita di idee originali. Hanno scoperto che gli innovatori americani ed europei hanno in comune la passione per la fantascienza. E quindi organizzano congressi su congressi, sponsorizzano la pubblicazione di romanzi di genere, producono film kolossal come “The Wandering Earth”. Il tutto in un’ottica di anni, se non di decenni.Non si vede insomma la cultura come una roba da fatturato immediato, ma come un seme, il seme della parabola evangelica, che magari in parte va perso tra gli sterpi e non dà frutto. Il che non vuol dire che non si debba più seminare. In Cina ho ricordato pubblicamente mio padre, che prima di morire aveva piantato degli alberi i cui frutti sapeva che non avrebbe colto. La cultura va nutrita allo stesso modo, con generosità, sapendo che il suo ritorno non si misura in termini di fatturato immediato, di posti letto occupati e pasti consumati durante un evento. È un investimento a lungo termine, a volte a fondo perso. E se l’assessore che dovrebbe occuparsene la pensa diversamente, ribattezzi i suoi uffici in qualche altro modo, perché quella che lei chiama cultura, quella roba che ha in mente, è tutta un’altra cosa».


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