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Renzi Matteo, “autonomista” involontario

10 Novembre 2017
Il ragionamento politico di noi progressisti storici (che i giornali chiamano impropriamente “autonomisti”) parte da un dato di fatto: lo Stato westfaliano* non solo è in crisi, ma è in tremendo ritardo rispetto allo sviluppo storico, ed è perciò fattore di involuzione sociale, politica, culturale ed economica.** L’obsolescenza dello Stato westfaliano non può sorprendere: si tratta di un marchingegno escogitato quattro secoli fa, e che già allora non era considerato questa gran “figata”, ma solo un “male minore” che rappresentava un arretramento rispetto alla visione democratica e locale-globale di Ramon de Penyafort e Marsilio da Padova (pensatori che, immagino, i nostri dottissimi politicanti definirebbero “populisti”). Nella sua funzione di “male minore”, il modello westfaliano ha, in un modo o nell'altro, retto fino a tutto l’ottocento, tant'è che spesso si parla, erroneamente, di Stato “ottocentesco”. Nel corso del novecento il sistema ha manifestato tutte le sue insanabili contraddizioni, provocando alcune delle peggiori tragedie della storia umana, tra cui due guerre mondiali e la Shoah. Istituzioni come le Nazioni Unite e l’Unione Europea nascono per porre rimedio ai drammatici difetti del sistema westfaliano, ma vengono rapidamente fagocitate dal sistema stesso, tant'è che oggi queste Istituzioni sono in crisi e vengono percepite (giustamente!) come inutili dall’opinione pubblica che vede come esse non adempiano affatto alla missione storica per cui sono state create (superare Westfalia!) ma, al contrario, si comportano da “damigelle d’onore” del decrepito sistema. In nessun luogo il rigetto del modello westfaliano è più evidente che in Catalogna. E' una storia che viene da lontano: i catalani rivendicano la visione democratica locale-globale come il maggiore contributo della loro nazione alla civilizzazione umana (i catalani Ramon de Penyafort e Ramon Llull precedono il Defensor pacis di Marsilio di qualche decina d’anni). Pau Casals ha rivendicato questo merito storico di fronte alle Nazioni Unite nel suo celebre discorso “I am a Catalan” (1971). La Repubblica per cui lottano i catalani non è la Repubblica “una e indivisibile” e iper-westfaliana dei giacobini, ma il suo opposto, l’idea universale di Res Publica di Marsilio. Le loro parole d’ordine, e le stesse tecniche di mobilitazione politica, sono penyafordiane più che gandhiane. I catalani sono impegnati in un esperimento storico di portata eccezionale: costituire una Repubblica che non sia uno Stato. Infatti, se la indipendenza si riducesse alla costituzione di uno “Stato catalano”, si tratterebbe pur sempre di un processo tutto dentro la logica di Westfalia, che non aiuterebbe la storia a progredire. Come possiamo essere certi che sia proprio questo il senso profondo dei fatti di Catalogna? Lo sappiamo dal documento fondamentale degli indipendentisti catalani, il piano strategico per la Repubblica. E' il medesimo documento che la magistratura dello Stato spagnolo usa come “prova regina” dei reati di ribellione, sedizione e disobbedienza imputati al Governo catalano; ampi stralci del documento sono riportati nelle motivazioni delle ordinanze di custodia cautelare dei ministri della Generalitat. In questo piano strategico si prefigura una Repubblica priva di Forze armate, elemento costitutivo dello Stato westfaliano, e da cui è lecito distaccarsi esercitando il diritto di autodeterminazione. Se per “separatisti” si intende un gruppo che vuole staccarsi da uno Stato per costituirne uno proprio, i catalani (e gli scozzesi) non lo sono affatto. Loro sono unionisti, da non confondersi con la categoria opposta, gli unitaristi. Nonostante il sistema wesftaliano sia in ritardo rispetto all’evoluzione storica di circa due secoli, esso è ancora molto tenace. Questo perché è un sistema di dominio e Potere. E una regola generale: il Potere perpetua sé stesso ben oltre l’esaurirsi delle motivazioni storiche che lo avevano originato e legittimato. Il penultimo congresso del Partito comunista cinese (il campione mondiale di autoperpetuazione al Potere) ha testualmente stabilito che la dottrina fondamentale della politica estera cinese è la strenua difesa dell’ordine westfaliano in ogni angolo del pianeta. E, infatti, la Cina si è subito premurata di garantire a Mariano Rajoy che farà tutto quanto è in suo potere pur di garantire “l’unità” della Spagna. Noi pensiamo che — a dispetto del Partito comunista cinese — la storia si stia riallineando sul modello democratico, pur tra mille difficoltà e contraddizioni. L’indicatore più evidente del cambio di paradigma è il fatto che in quasi tutti i Paesi europei i partiti del sistema (nelle loro tradizionali articolazioni di “destra” e “sinistra”) non raggiungono, nel loro complesso, il 50% dei voti espressi, ovvero la loro influenza aggregata sulla società è ridotta a meno di un quarto, tenendo conto degli astenuti che certo non sono “pilastri” del sistema. La storia, e quindi la politica, si sta riposizionando sul doppio livello locale e globale (che nel nostro caso significa europeo). L’azione politica giocoforza seguirà la realtà dello sviluppo storico, e anch'essa si riorganizzerà su questi due livelli. Detto in termini rozzi: i partiti “nazionali” (rectius westfaliani) andranno sempre più in crisi, e lasceranno il posto a soggetti politici locali, associati in reti europee, molto meglio attrezzati per affrontare le contraddizioni del presente. Il lettore dirà: “Tutto bello, ma cosa ci azzecca Renzi Matteo? Lui è un westfaliano del tipo più arcaico”. Il punto è che la storia procede secondo il principio di necessità, e anche le azioni di chi pretenderebbe di invertire le lancette dell’orologio (come il segretario del PD) alla fine si rivelano funzionali al corso obbligato degli eventi. Per fare un esempio: i partiti “nazionali” sono destinati a lasciare il passo ai nuovi soggetti globo-locali. Ora chiediamoci: alla fine, quale risultato avrà prodotto Renzi Matteo? Avrà trasformato un primordiale partito “nazionale”, quale il PD, in un moderno partito locale organizzato e votato solo in Toscana. Amici, non parliamo male di Renzi Matteo. Lui non lo sa, ma è anche lui uno dei “nostri”. Sergio Cecotti (C) | Riproduzione riservata 
* Per una storia critica del sistema westfaliano vedi e.g. Henry Kissinger, World Order, Penguin, 2014. ** Il testo base della critica al sistema westfaliano nel pensiero politico del Plaid Cymru, a cui si ispira anche lo Scottish National Party, è la prolusione di Saunders Lewis alla prima Summer school del partito (1926) “Egwyddorion Cenedlaetholdeb”, tradotto in inglese con il titolo Principles of Nationalism, Cardiff, 1975.

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