Massolino visita il carcere di Trieste: «Sovraffollamento costringe a condizioni inumane, urgente intervenire»
«Letti nei corridoi, stanze da dieci persone, assenza di adeguata assistenza sanitaria: le condizioni che ho potuto verificare all’interno del carcere di Trieste sono inumane e degradanti e non consentono il carattere rieducativo della pena». Così Giulia Massolino consigliera regionale del gruppo Patto per l’Autonomia - Civica FVG si esprime in seguito alla nuova visita alla Casa Circondariale di Trieste, effettuata insieme alla Garante comunale Elisabetta Burla e al Garante regionale Enrico Sbriglia .
«Rendersi conto in prima persona delle condizioni in cui vivono le persone private della libertà è un’esperienza scioccante: dovremmo provare tutte e tutti profonda vergogna - ha dichiarato la consigliera all'uscita della struttura di via Coroneo a Trieste -. Dei 150 posti di capienza 33 posti sono inutilizzabili perché in ristrutturazione, ma attualmente nel nostro carcere sono recluse 240 persone, più del doppio. Tante le problematicità presenti che non possono essere ignorate. La Regione ha un ruolo fondamentale sulla salute mentale e sulla continuità assistenziale di detenute e detenuti, e troviamo inaccettabile il silenzio assordante della Giunta Fedriga in merito. Ci stiamo avvicinando al secondo anniversario della mia richiesta di audizione in commissione, che, nonostante i numerosi solleciti via PEC inviati anche al Presidente del Consiglio, continua a rimanere senza alcuna risposta in palese violazione del regolamento del Consiglio, oltre ad aver bocciato tutte le mie proposte nei ricchi bilanci regionali: un atteggiamento punitivo. Nel frattempo ci sono stati disordini interni, vittime e un clima di tensione altissima. A fronte delle ulteriori difficoltà emerse, che riguardano anche inadempienze lato sanitario, oltre all’assenza di acqua calda nel carcere di Tolmezzo, ho depositato un’ulteriore richiesta: è intollerabile che ci venga negata la possibilità anche solo di parlare in Consiglio di carcere, come se fosse un corpo estraneo che non riguarda il nostro territorio».
«Il problema del sovraffollamento non si risolverà costruendo carceri più grandi, ma facendo in modo che ci siano meno persone recluse, lavorando in primis sulla prevenzione e in secondo luogo garantendo da parte del territorio la piena reintegrazione di coloro che hanno portato a termine il percorso rieducativo - conclude Massolino -. Bisogna investire nel carattere riabilitativo delle pene, evitando di cadere in logiche repressive».